La carne alternativa salverà il mondo o è un flop?

Le proteine alternative di origine vegetale sono di tendenza nei mercati di tutto il mondo: latte, latticini, carne, snack, cibi surgelati ecc. Data la loro crescita esponenziale di questi ultimi due anni, sono molte le domande, i dubbi e anche le polemiche che questi alimenti suscitano:

  • la crescita delle proteine alternative a base vegetale è sostenibile?
  • chi sono gli acquirenti?
  • che cosa cerca un consumatore quando acquista prodotti a base vegetale?
  • perché si scelgono alternative a base vegetale?
  • sono cibi sani o troppo ultra-processati?
  • quali sono le forze contrarie che ne stanno influenzando le vendite?

In questi ultimi mesi, infatti, le vendite al dettaglio negli Stati Uniti di carne alternativa plant-based sono rallentate e per Beyond Meat, azienda leader del settore, l’ultimo anno è stato pessimo.

Fino ad alcuni mesi fa, sembrava che la carne alternativa fosse una salvezza per il pianeta, mentre oggi circolano voci su come queste aziende stiano in realtà spacciando per cibo delle poltiglie non ben identificate, voci diffuse per lo più da sostenitori dei grandi produttori di allevamenti e carne.

E pensare che solo nel 2021, Patrick Brown di Impossible Foods aveva affermato al WebSummit di Lisbona:

“Sono fiducioso che entro il 2035 non ci sarà più un’industria globale di allevamento animale, e non sarà perché qualcuno l’ha bandita. Sarà perché ci sono prodotti che fanno un lavoro migliore nel fornire ciò che i consumatori vogliono fatti direttamente dalle piante, e l’incentivo economico per allevare animali sta scomparendo”.

Patrick Brown, ex professore di biochimica della Stanford University, parlava da tempo di eliminare gli allevamenti animali, da lui definiti il più grande problema del pianeta e la tecnologia più distruttiva della storia producendo carni a base vegetale.

I prodotti plant-based in Italia stanno funzionando

In Italia, invece, le cose sembrano andare abbastanza bene. I prodotti plant-based hanno avuto un giro di vendite per un totale di 168.4 milioni di euro nel 2022 e Roma è tra le città più vegan friendly.

A farla da padrone, comunque, è sempre il latte vegetale. Mentre la spesa procapite di carne vegetale e simili è meno vivace. “È uno sviluppo che deve essere sostenuto da investimenti continui nell’innovazione di prodotti che soddisfino le aspettative dei consumatori in fattori chiave come gusto, prezzo e convenienza”, ha commentato Carlotte Lucas del Good Food Institute Europe.

Ridurre gli allevamenti animali intensivi

Ma anche se a livello mondiale il settore è stagnante, anche se molte startup del settore stanno chiudendo e aziende come la storica Beyond Meat è in affanno, ci sono motivi sufficienti per liquidare la carne a base vegetale come “moda passeggera” o addirittura un “flop” come afferma Bloomberg?

In realtà, non si tratta di costringerci, come consumatori, a scegliere tra una bistecca vegetale e una bistecca di carne di mucca vera quanto di ridurre la nostra dipendenza dagli allevamenti animali intensivi.

Ma, a quanto pare, cambiare le nostre abitudini convertendoci al vegano o alle carni alternative a base vegetale non sta funzionando bene. Secondo, l’OECD-FAO Agricultural Outlook 2022-2031, infatti:

Le previsioni presuppongono che le preferenze dei consumatori si evolveranno lentamente. Di conseguenza, si presume che le preferenze dietetiche per un consumo ridotto di carne (in particolare rossa e lavorata) siano adottate da una piccola ma crescente parte della popolazione concentrata principalmente nei paesi ad alto reddito, e quindi non influenzeranno in modo significativo il consumo globale di carne nel prossimo decennio. Ma le preferenze possono cambiare più di quanto ipotizzato e più rapidamente, in parte a seconda dei prezzi relativi. Lo sviluppo di nuove proteine ​​alternative come sostituti dei tradizionali alimenti di origine animale (carne e latte) può essere allettante per soddisfare le esigenze nutrizionali e le richieste alimentari di una popolazione in aumento, che alcuni consumatori potrebbero considerare più salutari e sostenibili. I sostenitori di nuove proteine ​​alternative prevedono benefici che includono una migliore nutrizione e salute, e una riduzione delle emissioni di gas serra. Tuttavia, le prove scientifiche su tali benefici non sono conclusive. In ogni caso, è improbabile che questi prodotti si adattino in modo significativo all’orizzonte decennale di Outlook. Questioni centrali ancora da affrontare a fondo riguardano il ruolo delle normative governative necessarie per garantire la sicurezza incoraggiando al tempo stesso l’emergere e lo sviluppo di innovazioni. Diversi aspetti devono essere esplorati come le opportunità di crescita, i potenziali ostacoli alla concorrenza e al commercio, l’impatto sul settore dell’allevamento convenzionale e della lavorazione della carne, le implicazioni per la catena di approvvigionamento, gli impatti ambientali e l’accettazione da parte dei consumatori. Un elemento chiave sulle prospettive delle proteine ​​alternative sarà il loro prezzo rispetto alle fonti proteiche convenzionali dal bestiame.

Allevamenti animali e cambiamento climatico

Nel frattempo, si sta anche diffondendo la convinzione che per l’ambiente sia preferibile nutrire i bovini con l’erba dei pascoli piuttosto che con i mangimi. Ma la carne di bovini allevati al pascolo e nutriti esclusivamente ad erba senza uso di antibiotici, ormoni e OGM può soddisfare la domanda mondiale?

Secondo gli studi di alcuni scienziati, pare proprio di no, a meno di non ridurre notevolmente il consumo di carne bovina. Soluzione necessaria anche per ridurre l’impatto ambientale perché è ormai ampiamente riconosciuto il fatto che gli allevamenti animali costituiscano una delle maggiori cause:

I ricercatori stimano che il 15% delle emissioni globali di gas serra provenga dall’allevamento della carne. Produrre 100 grammi di proteine ​​dalla carne bovina, ad esempio, immette nell’atmosfera circa 25 chilogrammi di gas serra; fare la stessa quantità di tofu, invece, emette circa 1,6 chilogrammi. Le carni di origine vegetale, nel frattempo, hanno emissioni di gas serra dal 40 al 90 percento in meno rispetto alle carni tradizionali.

È inevitabile che il cibo di origine animale sia un punto di riferimento imprescindibile per l’alimentazione umana?

Probabilmente, via via che la tecnologia maturerà e i prezzi caleranno, le varie alternative alla carne si diffonderanno di più tra noi consumatori. Maiale, pollo, manzo, tonno, latte di mucca e uova di gallina non devono essere gli unici punti di riferimento per la nostra alimentazione anche se i nostri sistemi alimentari sono diventati molto efficienti nel produrli su larga scala.

A pensarci bene, sulle nostre tavole ci sono molti cibi che dieci o vent’anni fa non c’erano. I vari latte di soia,  avena e riso sono relativamente recenti (e tra l’altro secondo l’Ue non possiamo neppure definirli come “latte”). Probabilmente accadrà la stessa cosa con altri cibi nel prossimo futuro. Per esempio, ci sono funghi ricchi di proteine e fibre, con molte vitamine e senza grassi, coltivabili a basso impatto ambientale che potrebbero diventare un alimento comune.

Alcune abitudini dei consumatori possono cambiare in tempi sorprendentemente rapidi.

Molti pensano che l’inizio dell’industria delle proteine ​​alternative sia avvenuto con Beyond Meat (l’azienda è stata fondata nel 2009), ma in realtà mangiamo proteine a base vegetale da molto più tempo. Se è una moda passeggera, è una moda passeggera di vecchia data.

I succedanei della carne, infatti, non sono stati inventati negli ultimi anni. Tanto per fare qualche esempio:

  • il tofu, cagliata di fagioli di soia, è nato in Cina più di 2.000 anni fa. E gli studiosi ritengono che la sua produzione si sia diffusa durante la dinastia Han (tra il 206 a.C. e il 220 d.C)
  • il dottor John Harvey Kellogg (quello dei cornflakes) era convinto che la principale causa delle malattie fosse la carne e iniziò a servire impasti di soia e arachidi già nel XIX secolo
  • nel 1985, Quorn ha commercializzato il primo hamburger vegetariano a base di riso, verdure e formaggio
  • la Nasa da molti anni esplora soluzioni alternative per le proteine

Per questi precursori, le ragioni per evitare la carne nella dieta spaziavano da esigenze di salute all’amore per gli animali o semplicemente perché pensavano ci fossero modi più intelligenti per nutrirsi che macellare miliardi di animali.

Ad ogni modo, nonostante il rallentamento delle vendite e i corrispondenti cali di investimenti, la richiesta di alternative alla carne è una realtà e una tendenza presso molti consumatori che le grandi multinazionali non possono ignorare.

Ci sono molte spiegazioni per il rallentamento delle vendite, soprattutto negli Stati Uniti. Gusto, consistenza, sono prodotti troppo lavorati e non “più sani” della carne normale, prezzi ancora troppo alti ecc.

Ammettiamolo, la maggior parte delle persone, comprese quelle che si preoccupano del cambiamento climatico, hanno priorità più immediate quando fanno la spesa: c’è un buon rapporto qualità-prezzo? ai miei figli piacerà? sono cose sane? è facile e rapido da cucinare? sono cibi ultra-processati?

Se la carne alternativa incontra qualche ostacolo, il latte di soia e il latte di avena, invece, come sostituiti del latte di mucca si sono ottimamente posizionati nei mercati di tutto il mondo. Perché? In effetti, uno dei motivi per cui i latti a base vegetale hanno raggiunto una maggiore penetrazione domestica rispetto alle carni a base vegetale, a parte il fatto che sono più facili da realizzare, è che offrono molteplici vantaggi di acquisto immediato che non hanno nulla a che fare con il salvataggio del pianeta.

Forse, uno dei problemi principali è di marketing. Le aziende dovrebbero fornire ai consumatori motivi più immediati per acquistare carne alternativa. Non si stanno rivolgendo a un pubblico già orientato in tal senso (vegani e vegetariani), ma devono comunicare a tutti i consumatori quali siano i vantaggi più diretti per non acquistare carne animale. E che non sia solo “Ho fatto una scelta migliore per l’ambiente e/o gli animali“.

Si devono premere i pulsanti giusti: gusto, valore (che non è la stessa cosa del prezzo) e convenienza.

Indicare missioni a lungo termine e parlare con passione di come affrontare e risolvere i problemi del sistema alimentare, dalla deforestazione, della siccità ecc. sono cose importanti, ma nell’attuale clima economico non sempre sono sufficienti.

“Quando si parla alle persone della salvezza del pianeta, molti tendono a parlare di auto elettriche o di economia circolare piuttosto che delle loro scelte alimentari. Onestamente penso che questa sia una delle più grandi sfide di comunicazione nel settore alimentare”. Come è stato detto ai delegati in un recente evento sull’agricoltura cellulare organizzato dalla Tufts University, il successo nel campo delle alternative alla carne non è affatto inevitabile e molte aziende potrebbero rimanere senza soldi prima che questi prodotti intacchino davvero l’approvvigionamento proteico.

Ma come ha osservato durante l’evento anche Uma Valeti, fondatrice della co di carne coltivata UPSIDE Foods, a meno che gli oppositori non presentino un piano B credibile, tutto ciò che i pionieri in questo spazio possono fare è mantenere la calma, andare avanti e cercare di realizzare il futuro .

“Parlare costa poco. Quindi diamo la priorità all’azione… accettiamo le critiche costruttive, ma continuiamo ad andare avanti”.

Approfondimenti e fonti

Fake Meat Was Supposed to Save the World. It Became Just Another Fad

Will Biotech Meat Become The Next Tech Scandal?

The pulse of plant-based food

Negli Stati Uniti le vendite di carne alternative continuano a diminuire